Di notte


Nelle scorse settimane ho rispulciato l'archivio fotografico alla ricerca di alcune immagini.
Allo stesso tempo sono andato a scovare un preciso passaggio di un libro, letto ormai diversi anni fa.
Contemporaneamente ho cercato sul web la copertina di un disco che osservai la prima volta da bambino. Una copertina che mi colpì proprio per la sua immagine.
 
Tutte e tre le ricerche hanno a che fare con la notte.

Le foto: dei notturni realizzati in vari luoghi d'Italia e d'Europa, anche molto diversi e distanti tra loro.
La frase: un passaggio di "Un indovino mi disse" di Tiziano Terzani.
L'immagine di copertina: il disco "Quello che non" di Francesco Guccini (autore, tra l'altro, di ben 4 "canzoni di notte" che ascolto spesso).


La frase di Terzani narra di una corsa notturna su un "trisciò" ad Hanoi, in Vietnam, dopo la visita a una fumeria d'oppio "nel vecchio ventre dell'Asia che il fuoco della rivoluzione aveva voluto spazzar
via per sempre e che invece era tornato a vivere"
.

Eccola:
"Rimasi un'oretta a godere di quell'ovattato torpore, senza memoria, senza peso, senza delusioni. Uscendo, ero come riconciliato con il mondo e mi venne da sorridere a vedere che la fumeria era a soli due passi dalla sede del "Quotidiano del Partito".
Il trisciò mi aspettava e gli chiesi di farmi fare un grande giro della città prima di riportarmi in albergo. Nessun mezzo di trasporto dà al passeggero quell'agio maestoso, quel senso di libertà, quel fresco in faccia, che offre il trisciò.
Il mio planò lungo il viale attorno al Lago della Spada Ritrovata, davanti al Palazzo dell'Opera, alla vecchia residenza del governatore francese, poi ripiegò verso il fiume e le stradine della città vecchia. Mi sentivo come a bordo di un'astronave che scivolava nello spazio fra passato e presente, ma senza più il bisogno di far paragoni, di giudicare. Storia e politica non mi riguardavano più. Mi affascinava solo la vita che, tenace, ingorda e lasciva, continuava a fiorire in mezzo a quel marciume. 

Il trisciò viaggiava veloce per strade mormoreggianti di vizi e tentazioni, lasciandomi cogliere solo immagini sconnesse:corpi nudi nel cono di una luce, confabulare di donne, risate e gesti osceni di
ragazze fuori di una porta e, ogni tanto, lo sfrecciar via di un ratto lungo i muri non imbiancati da decenni.
La notte - non so se lo sognai o se lo immaginai a occhi aperti - mi vide buttar via un dizionario con cui avevo lavorato fino ad allora e prenderne uno nuovo in cui c'erano solo parole positive".



La notte, quel tempo oscuro ma ovattato, fatto di luci artificiali e anime inquiete, inghiotte con le sue "immagini sconnesse" il giornalista, l'uomo analitico e meticoloso, trasformandolo in un sognatore che ha solo parole positive. Scorgo in queste righe di Terzani un rapimento, uno straniamento totale, dolce e seducente, dalla realtà oggettiva del luogo in cui si trova. La notte è un viaggio nel viaggio, dentro i vicoli di se stesso, dove l'atmosfera conta più della razionalità, dove il mantello della bellezza s'impossessa di angoli marci e osceni, persino dei "ratti che corrono lungo muri non imbiancati da decenni".


Così mi sento a volte, anche in luoghi di certo meno carichi di fascino e di mistero, di notte, lungo le vie, osservando l'immagine della realtà deformata dalle luci artificiali e dalle insegne al neon.
Raccolgo fotografie che spesso mostrano angoli banali di città, che talvolta esprimono il consumismo sfrenato in cui viviamo riflettendo i messaggi che ci vengono infilati negli occhi, che raccontano come le nostre vie siano visivamente "inquinate", che narrano anche della storia oscura dei luoghi che osservato.
Ma, come Terzani, non riesco ad affrontare con dettaglio analitico il fenomeno, mi lascio semplicemente inebriare dal fascino della notte, fatto anche di elementi kitsch e di messaggi tutt'altro che edificanti, da "immagini sconnesse" che tuttavia assumono, se fotografate, un significato differente.


La copertina del disco di Guccini fa parte dei miei ricordi. La vidi in una musicassetta che mio padre teneva sempre in macchina.
Abituato come tutti i bambini (avevo dieci anni) ad essere colpito, diciamo, da immagini semplici e rassicuranti (paesaggi, ritratti sorridenti, oggetti familiari) mi fece strano rimanere così affascinato da una fotografia scura e sgranata, scattata di notte in un bar, con gente solitaria, quasi coricata sul bancone e un Guccini, che ammiravo già da allora, reso scolorito in post produzione, in piedi, da solo, in un angolo, con la testa china e il viso triste, malinconico.

Anche in questa immagine fisica (realizzata da Raffaella Cavalieri e Roberto Serra, da come si capisce nel retro copertina, in un certo "Bar Nero"), così come in quella mentale descritta da Terzani, non c'è razionalmente qualcosa di positivo, di "bello", ma c'è fascino, atmosfera, qualcosa di nascosto, ma a mio avviso ben visibile, che solo la notte riesce a restituire.


Per questo, sul mio sito web ho deciso di aprire una nuova "serie" di immagini (cioè quegli insiemi di fotografie che non raccontano di un luogo preciso in un determinato lasso di tempo e che non hanno un inizio ed una fine - al contrario di quelli che chiamo "progetti") dedicata alle mie fotografie raccolte di notte.

Con l'illusione e forse la speranza che qualcuno possa ritrovarvi anche solo qualche sprazzo di quell'atmosfera notturna descritta da Terzani.
Con il gioco di immaginare ciascuna di esse presenti sulla copertina di un disco che, un giorno, possa affascinare un bambino, portandolo anni dopo a raccogliere, anche lui, fotografie di notte.


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