Nei campi delle Fiandre



In Flanders Fields the poppies blow
Between the crosses, row on row,
That mark our place, and in the sky

the larks, still bravely singing, fly
Scarce heard amid the guns below


Nei campi delle Fiandre, in quei "Flanders Fields" descritti con dolore e dolcezza dall'ufficiale medico canadese John McCrae a Esserx Farm nel 1915, ci siamo passati in due giorni di vento e bianchi nuvoloni, pedalando in quello che fu uno dei più tragici teatri della prima guerra mondiale, il Saliente di Ypres, terra di mezzo delle grandi potenze europee allora in conflitto.
Sapevamo che, lungo quella pianura appena ondulata, tra campi, vacche al pascolo e piccole fattorie, avremmo trovato decine e decine di cimiteri di guerra. Ma ognuno di questa lunga serie di incontri è stato improvviso come un lampo, un brivido, un colpo secco che stringe la bocca dello stomaco e rallenta il battito del cuore.



We are the Dead. Short days ago
We lived, felt dawn,
saw sunset glow
Loved and were loved, and now we lie

in Flanders Fields. 

Cammino in questi prati ben tenuti, con questo cielo di grandi pecore bianche che mi corrono sopra la testa e a fatica afferro che proprio qui, sotto ai miei piedi, riposano i resti di decine di migliaia di persone. Quando leggo i loro nomi, le date, le età e i messaggi di nipoti e bisnipoti non riesco, non posso, trattenere l'emozione, frenare l'immaginazione.
Ogni lastra bianca è un uomo, lo vedo, li vedo.
Mi si apre di fronte un esercito di ragazzi disarmati che mi fissano. Hanno dai venti ai trent'anni, sono fradici e impauriti, alcuni senza arti, altri sventrati, altri ancora carbonizzati, tremano e a fatica aprono la bocca per scandire il proprio nome, il battaglione, la nazione per cui sono morti. Alcuni, muti, hanno lo sguardo perso nel vuoto, non sanno più riconoscersi, chi sono, da dove vengono, che bandiera avvolge il loro corpo esanime: sono soltanto "soldiers of the great war".
Per distrarmi volgo lo sguardo a questo cielo magnifico che ci sovrasta e ho una visione. Così come i papaveri tra le croci di legno ricordarono a McCrae il sangue e la rinascita, questa moltitudine di nuvole mi appare chiaramente come la metafora di queste vite, sbocciate, gonfiate, dissolte e volate via troppo in fretta, spazzate da un vento cupo che si è solo spostato altrove ma non ha mai smesso di soffiare.



Take up our quarrel with the foe:
To you from falling hands we throw
The torch; be yours to hold it high.

If ye break faith with us who die
We shall not sleep,
though poppies grow 

in Flanders Fields. 

Osservo queste distese di lapidi, a volte immense e monumentali, come a Tyne Cot, altre volte piccole e umili, da camposanto di paese, e capisco che chi ha ideato questi luoghi della memoria ha voluto regalare ai soldati caduti non soltanto un luogo dove essere ricordati, ma uno spazio di postuma libertà. 
C'è un grande, viscerale silenzio, interrotto dal solo frusciare delle chiome degli alberi e un'ampissima visione di cielo e terra a perdita d'occhio, lungo la pianura.
Quiete e spazi aperti: i due elementi che più mancarono a questi soldati, scagliati tra il frastuono delle esplosioni e il fango delle trincee. Erba rasata, piante ben curate, fiori, per scacciare via l'immagine di quelle paludi di fango dove solo i rossi papaveri punteggiavano di vita i campi di battaglia.

Riposate soldati, vincitori e vinti, vegliate sul futuro di queste terre solcate da secoli di conflitti che stanno vivendo, anche grazie al vostro ricordo, un lungo tempo di pace.
Vi ascolto per un ultimo istante e sento la vostra voce che sussurra: "bisognerebbe visitare più spesso luoghi come questi per capire quanto vale l'Europa".

 
 

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