Tortaia, un'esplorazione urbana




Lo scorso 27 Ottobre ad Arezzo, nell'ambito della multiesposizione "BANG! Nuove generazioni fotografiche" ho partecipato ad un workshop sulla "Fotografia documentaria come lettura del territorio", a cura di Sandro Bini.

Dopo una parte teorica su storia, metodi e stili di questo genere fotografico, ci siamo recati nel quartiere periferico di Tortaia per l'esercitazione, con l'obiettivo di documentare questa parte della città.

Tornati in aula ognuno di noi ha proposto circa 20 foto, che sono state editate a formare un quadrittico. Tutti i quadrittici risultanti dal lavoro, ognuno a suo modo interessanti, forti, narrativi e riflessivi, sono esposti dal 15 al 24 Novembre 2013 presso la Galleria 33 di Arezzo.
Oltre al mio lavoro sono in mostra quelli di Andrea Bianconi, Sandro Bini, Giuseppe Bocci, Lorenzo Carnevali, Mario Cavigli, Antonio Mariotti, Simone Marraghini e Simone Martini.

Ho voluto rivisitare le mie foto non incluse nel quadrittico e proporre quindi qui nel blog anche il resto del lavoro svolto quel giorno.

Questo secondo editing è stato realizzato da Tiziana Tommei, curatrice d'arte e gallerista della Galleria 33, a cui ho chiesto questo onere e che ringrazio per l'ottimo lavoro di scelta delle immagini e della sequenza.



Proprio oggi ho acquistato su un mercatino delle pulci un libro di fotografia che contiene un'interessante citazione di G. Perec, che si conclude così:

"... forse si tratta di fondare finalmente la nostra propria antropologia: quella che parlerà di noi, che andrà cercando dentro di noi quello che abbiamo rubato così a lungo agli altri. Non più l'esotico, ma l'endotico."

Ho pensato immediatamente al lavoro di Tortaia.

Cosa rappresenta meglio l'uomo del nostro tempo se non il vero ambiente in cui mediamente vive? Non i lucidi centri storici, anch'essi oramai esotici, ma il nostro semplice, complesso, banale quertiere, dove si fa la spesa, si dorme, si cena, ci si accoppia, si corre, si suda, si prova paura, ci si rinchiude, ci si annoia e dai cui si sogna di fuggire, senza poi fuggire mai.



Ho visto così, nel lavoro mio e degli altri partecipanti al workshop, sia il sentimento dell'uomo di oggi che la rappresentazione di uno spaccato storico-politico d'Italia, che si riflette nelle architetture popolari incomprensibili, negli spazi messi li e mai riempiti, nei monumenti decontestualizzati e nelle linee di confine, nette, tra urbano e paesaggio circostante.



Girando per Tortaia ho provato l'esigenza di rappresentare colore e squallore, bellezza e dolore, architettura e natura attraverso una vista ampia, ultragrandangolare, come se un abitante qualsiasi, concentrato troppo spesso solo sui propri piedi, iniziasse d'un colpo ad alzare lo sguardo fermandosi, ruotando la vista, indagando il proprio spazio.



Quell'abitante potrebbe stupirsi non poco, come è capitato a me che in un quartiere simile e vicino ho la casa, scoprendo le forme, i colori, gli slanci, i limiti e i punti di fuga del suo vivere quotidiano; riappropriandosi di un paesaggio sia esteriore che interiore e immaginando, oltre le siepi spontanee e i campi, quel paesaggio che sta oltre.

La città con le sue clastrofobiche ma sicure mura di cemento armato lascia spazio a una natura fatta di regole e spazi sconosciuti.

Come la società di oggi infondo, caratterizzata da una perenne incertezza verso il dopo, il futuro, ma ancora troppo calda e sicura per rischiare di mettersi in discussione. 

Di "endotico" parlava Perec, del nostro oggi, del noi, ben rappresentato dalle vie periferiche di un singolare quartiere qualunque, di nome Tortaia.


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