Il venditore di the


Capita di avere già nostalgia del viaggio ancora durante il viaggio, la sera prima della partenza, quando inalare a pieni polmoni l'aria della città che si è ormai pronti a lasciare significa appendersi disperatamente alle narici un tassello in più da conservare, a pochi centimetri dal centro nevralgico dei ricordi.



Camminiamo nella notte di Sarajevo, questa città che respinge, accoglie e poi non ti lascia più, nelle ultime ore prima del rientro. C'è ancora un luogo che è li sulla via di ogni giorno, lungo la salita tra la Baščaršija e Vratnik, che ci attira ma che ancora non abbiamo esplorato. E' una "theeria", almeno così pare. I colori e l'arredamento hanno un fascino orientale che profuma di spezie.

C'è un personaggio decisamente appariscente che spesso è appoggiato a quella porta verde, che fuma e fissa nel vuoto: pare un mix tra Gesù Cristo e Robert Plant.

Sta chiudendo, ma in realtà, così ci dice il buon santone, non chiude mai se c'è qualcuno con cui bere e chiacchierare. Ci fa entrare e socchiude dietro di noi la porta: la theeria è solo nostra, per un saluto finale alla città in grande stile.


Ci immaginiamo un sarajevita appassionato d'Oriente, un saggio custode di antiche alchimie, un autentico maestro di vita: il personaggio da fiaba che solo all'ultima notte di un viaggio si può palesare.
Il nostro uomo inizia a parlare e a dispensare consigli sul tempo e sull'amore in un italiano fluente... sembra davvero un personaggio da novella, ma ci accorgiamo ben presto che Hussein, il mitico venditore di the della Baščaršija che tutti conoscono, conserva un lato che si colloca al limite dell'assurdo.



La bottega è intima e accogliente. i sofà, i cuscini e l'incenso invitano a rilassarsi e a dimenticare la fine del viaggio, che incombe.
Alle pareti le fotografie dei nonni di Hussein: immersi, bianco e nero, in una Sarajevo d'altri tempi, osservano austeri la scena... tutto sembra un quadretto perfetto per l'atmosfera che cerchiamo nelle ore prima dell'arrivederci.




Hussein ci versa il the e piano piano si sbottona.
Chiediamo: "Se hai aperto questo posto sicuramente sarai appassionato di the e infusi?"
Lui ci risponde: "The? manco quando ho la febbre!"
Inizia la parabola discendente...
Ci svela che ha vissuto molti anni in Italia, tra Sanremo, Venezia, la Svizzera... all'ombra dei casinò, giocandosi tutto, vincendo e perdendo, dormendo di giorno e puntando la notte, giocando in continuazione. Le theerie erano gli unici luoghi in cui, dopo una notte di follia, riusciva a rilassarsi, per dimenticare un tracollo e immaginare un nuovo rialzo, ma con in mano birra o whisky, mica the! Ecco, allora, cosa fare tornato alla vita "normale": vendere the e relax, vendere storie, produrre filosofie, creare il suo personaggio.
Si scopre così di questo bosniaco giocatore d'azzardo incallito, che ci dice quasi vantandosi: "Io nella vita non ho mai lavorato!"
Un racconto tragicomico, non sappiamo se gonfiato dall'alcool o da vividi ricordi.
Ci dice che mentre tutti, nella Sarajevo di oggi, si trafelano in cerca di nuovi turisti, lui sogna di stare per qualche ora senza avventori in theeria: "Mi siedo qui fuori, tranquillo, fumo una sigaretta... e goooodo!"

C'è anche l'ombra della guerra nei suoi racconti, di un ritorno in Bosnia per difendere la città e la sua famiglia: dalle fiches alle granate, dalle sale dorate all'assedio.

C'è qualcosa che non torna, una scheggia impazzita nel quadretto che c'eravamo fatti all'ingresso.
Hussein inveisce contro donne, governo ed etnie, poi torna saggio e parla del mondo, poi ancora più folle narra di guai con la giustizia in Europa, infine ci assicura, mentre ci rimettiamo i cappotti, che lui a quest'ora chiude la theeria, sì, ma a casa non ci va: non dorme Hussein, è un lupo solitario sempre in cerca della luna piena.



Nell'uscire dal suo piccolo, grazioso spazio inciampa e quasi cade. Si accende poi l'ennesima cicca, ci saluta e svanisce nel buio.

Ancora mi chiedo se è un personaggio reale o se ancora una volta è stata la Città a volerci dire qualcosa attraverso l'illusione di questo incontro.

Sul pulmino, al ritorno, non facciamo che imitare in continuazione quell'"Io goooodo!" di Hussein... come le frasi topiche di quei film che tornano spesso in mente, il cui protagonista, anche se per un solo attimo di vita, vorresti essere stato tu.


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