Dietrofront

Questo testo e queste immagini nascono dall'interessantissimo seminario di "Script photography" e Fotografia Consapevole di Simona Guerra, che ho seguito a Senigallia (AN) lo scorso 27 Maggio.

 

"Scegliete un percorso, fatevi guidare dall'istinto. 
Percorretelo e ritornate. Avete un quarto d'ora di tempo".

Sei volte abbiamo ripetuto ciascuno la propria via. Prima semplicemente esplorando il territorio, poi dando ascolto, in particolare, a uno solo dei sensi: olfatto, udito, poi tatto e, infine, vista. Ogni volta registrando e trascrivendo parole. Solo all'ultimo giro raccogliendo immagini (con il telefonino...).

L'istinto è vento.
Il navigatore, in balia di esso, deve solo saperlo assecondare.
Ma che odore ha il vento? Qui è di sale, clorofilla, fritto misto, tubo di scappamento.
A Ovest un'auto passa rombando, sferragliamento di vagoni ferroviari, canti di uccelli, risate lontane.
A Est suono di onde, musica pop a tutto volume e il rumore cupo di un aereo luccicante, che scompare tra l'azzurro del cielo e il blu verdastro del mare.


Il mio istinto, uomo di pianura, animo montanaro, soffia a Ovest, verso la linea gialloverde delle colline marchigiane.
Cammino rasente a muri, cancelli, steccati, in cerca di un varco.
Mattoni ruvidi, lamiere roventi, cortecce taglienti di tamerici si alternano, bloccando il mio tragitto.


Finalmente un passaggio, tra l'odore nauseante di sugo precotto che fuoriesce da un camper in sosta. Uno slargo si incunea ad Ovest ma l'illusione finisce presto: tra calcestruzzo, ruggine e rovi appare, poco più avanti, la linea retta della ferrovia, limite invalicabile del mio vagare.


Capisco presto quanto sia difficile, qui, lasciare il mare.
Tutto, geografia, paesaggio, facciate di case e palazzi, insegne pubblicitarie, è rivolto a Est.
Dalla spiaggia non scappo, mi dico.


Dietrofront!
Colpo secco di bora, cambio repentino di direzione. 

Incontro in successione l'ennesimo muretto bianco, la strada grigia, una siepe rigogliosa e poi pallidi cespugli, sabbia, ombrelloni rossi. Poi mi invade il suono del continuo raspare delle onde sulla sabbia, vedo la linea dell'orizzonte, proprio laggiù, di fronte.
Mi volto indietro, titubante, quasi impaurito.
La montagna mi da solidità. Le valli hanno un senso chiaro di direzione, le cime sono mete da collegare, come stelle che disegnano costellazioni.
La maestosità del mare invece, senza punti di riferimento, apparentemente infinito, mi destabilizza.


Osservo, verso monte, due imponenti hotel vista spiaggia. Uno, con l'insegna fatta da un'enorme scritta, "HA", sembra suggerire una risata, come se qualcosa, o qualcuno, si stesse prendendo gioco di me. L'altro, anch'esso capeggiato da due enormi lettere, "GH", letto insieme alla sillaba del primo mi ricorda un mugugno, un "Hargh!", il suono di dolore dei fumetti.


Devo lasciarmi andare, tutto pare muoversi verso Est e anch'io so di poter rotolare, come una biglia su un piano inclinato, verso quota zero.

Mi tolgo le scarpe, la sabbia scotta ma mi ci abituo presto, i granelli tra le dita umide dei piedi mi risvegliano ricordi di bambino.


Cammino lento, guardingo, poi mi blocco di colpo.
Di fronte a me figure verticali, isolate, a loro modo imponenti.
Cabine, ombrelloni, torrette di salvataggio... no.
Solo ora capisco...
Totem!
Sono Totem! Posti in un inconsapevole ordine religioso tra le mie paure e l'infinito.
Entità soprannaturali che dialogano con l'immenso?
Divinità dei bagnanti cui devo prostrarmi per poter conquistare la meta?


Li supero uno ad uno chinandomi al loro cospetto, con lentezza e rispetto, al ritmo tribale di un rito iniziatico.

Devo sembrare davvero buffo: pantaloni lunghi, camicia a quadri, in mano calzini scuri e Clark scamosciate, circondato da gente in costume, lucida di crema solare. 


Supero l'ultimo Totem ed eccomi, finalmente, con i piedi che sfiorano l'Adriatico.

Le mie montagne sullo sfondo.
Di fronte, qualcosa di nuovo da assaporare. 

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