Sevdalinke

Le sevdalinke sono, in essenza, le tradizionali canzoni d'amore della Bosnia, ma devinirle semplicemente così sarebbe qualcosa di estremamente riduttivo...

Alcuni le hanno paragonate al blues, un "blues dei Balcani"...
Altri hanno trovato le radici di queste canzoni nel concetto portoghese di "saudade", termine che unisce amore, nostalgia, assenza e malinconia.
Io ho ascoltato (e provato) qualcosa di simile solo in Irlanda, in un paesino di pescatori, dove una donna, alzandosi in piedi e chiedendo la parola, zittì il pub all'istante intonando una nenia amorosa, triste, struggente, tragica ma incredibilmente emozionante.


Le sevdalinke sono qualcosa di magico, nate nella Bosnia quale terra di mezzo, luogo d'incontro e scontro di popoli e culture nel centro d'Europa.

Nel suo libro-ballata "La cotogna di Istambul" Paolo Rumiz racconta, attraverso il personaggio di un vecchio saggio, che queste sevdalinke sono nate da viaggi diversi giunti nello stesso luogo: proprio Sarajevo (il caravanserraglio dei viaggiatori) e la Bosnia.

Il viaggio degli Ebrei spagnoli, da cui forse arrivò il concetto di saudade e quello dei Turchi, nella cui lingua "kara sevdha" significa "bile nera", il succo epatico che genererebbe la nostalgia e sarebbe alla base dell'innamoramento, mischiato al viaggio della vita di altri popoli e culture qui presenti.

Ormai l'avrete capito: le sevdalinke sono sì le canzoni d'amore della Bosnia, come detto all'inizio, ma hanno qualcosa in più proprio perché trattano dell'amore attraverso storie tristi, tragiche, nostalgiche, malinconiche.

Che c'è di bello? vi starete chiedendo... beh, c'è la verità. Il sentirsi proiettati nelle viscere, nello stomaco il bisogno e la mancanza d'amore, sentimenti comuni a tutti noi, in modo diretto e struggente, attraverso le note di queste nenie dalla melodia ricercata e dalle parole commoventi.

A Sarajevo ho avuto la fortuna, a poche ore dal nostro arrivo, di sentire cantare Bozo, un ragazzo estremamente cordiale e amichevole, dalla voce straordinaria, originario dell'entità serba della Bornia-Herzegovina ma appassionato ricercatore e cantore di sevdalinke...un'ulteriore prova della vera anima multiculturale della città e della regione.

Bozo canta in un caffè della Baščaršija senza strumenti, unicamente con la sua voce bellissima mai passata per un maestro di canto e uscita dalla sua anima grazie ad un suggerimento della madre: "se sei triste... canta".

"Aman aman" ripete spesso nelle canzoni, termine che significa "Ahimè" onnipresente nelle sevdalinke, e tra una coppia di canzoni e l'altra si ferma a sorridere e chiacchierare ai tavoli con la gente che lo va a sentire.
Ho visto persone davvero emozionate, che hanno mischiato le lacrime al torbido caffè bosniaco e anche noi, sorpresi e muti, abbiamo mandato giù il groppo che si forma in gola solo durante le emozioni forti.

Ho scattato a Bozo alcune foto che trovate qui sotto, lo ringrazio per avermi trasmesso con la sua voce l'anima passionale di questa terra.

Sotto alle foto trovate la traduzione di "Žute dunje", la sevdalinka su cui è basato il già citato libro "La cotogna di Istambul" che Bozo ci ha cantato più di una volta.





 Fu l'amore fra due giovani
per un mese per un anno
quando chieser di sposarsi
di sposarsi aman aman,
i nemici disser no.

S'ammalò Fatma la bella
figlia unica di madre:
per guarir mi porterai
la cotogna d'Istambul.

La cotogna andò a cercare
fin nella città imperiale
ma tre anni lui sparì,
per tre anni aman aman
per tre anni niente più.

Tornò alfine con la mela
ma trovò il suo funerale.
Gridò a tutti di fermarsi:
vi darò tutto il mio oro
se baciare la potrò.

Aggiornamento del 1/08/2012:

Qui è possibile ascoltare una Sevda cantata da Bozo e registrata da Wojtec, un altro amico incontrato a Sarajevo:

http://soundcloud.com/wojzilla/bozo-vreco2

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