L'autostoppista


Il viaggio è incontro.
Per questo quando abbiamo voglia di bere qualcosa entriamo in un bar popolare e stiamo al bancone, cercando le basi di un dialogo.
Per questo quando qualcuno ci osserva incuriosito porgiamo un sorriso e un saluto, come esca per agganciare una conversazione.
Per lo stesso motivo, quando viaggiamo in macchina, carichiamo volentieri gli autostoppisti che incontriamo lungo la via.

Abbiamo caricato negli anni, specialmente lungo i Balcani, una bella lista di gente d'ogni tipo: una ragazza truccatissima che abbiamo accompagnato dal fidanzato, un bambino uscito da una scuola senza scuolabus che abbiamo riconsegnato alla madre, anziani di ritorno dalle campagne o dal mercato, lavoratori pendolari senza mezzi pubblici e, ovviamente, backpackers di mezza Europa con zaini enormi e storie da raccontare.

Ma l'incontro di quest'inverno, nella remota penisola del Mani, in Grecia, è stato davvero dei più insoliti e curiosi, perchè di quelli che mai ti aspetteresti.


Lungo la strada stretta e ondulata che da Areopoli scende a Sud, verso Capo Tenaro, ultimo avamposto dell'Europa continentale, nessuno in vista, niente turisti né pastori, nemmeno gli abitanti di queste strane e silenziose case di pietra, disperse come sassi gettati da una mano divina tra uliveti, mare e scogliere.

Dietro una curva, una figura di spalle che cammina. Un uomo sulla sessantina, con vestiario un po' anni settanta, scarpe comode e zaino capiente, ma non eccessivo. Uno che, si capisce subito, conosce bene come muoversi nel mondo.
Ci sente, si volta, ci vede arrivare - come non notarci in questo paesaggio immobile e silenzioso - e alza il pollice.



Ci fermiamo, lo carichiamo, ci ringrazia calorosamente.
Ci chiede chi siamo, da dove veniamo, dove abbiamo pianificato di andare.
Ci esprime il suo fascino per questi luoghi. Poi, timidamente, si presenta.

Scopriamo così di aver caricato in macchina il professore ordinario di Storia Bizantina dell'Università di Zurigo.

E' qui, ci dice, per studiare le antiche chiese bizantine, di cui la penisola è ricchissima e ancora in parte inesplorata. Ha deciso di portare qui i suoi studenti a primavera e non vuole farsi trovare impreparato. Così è partito, da solo. Forse, penso io, anche per godere di quella solitudine positiva, di quella pace interiore che spesso risveglia l'intuito e la creatività.
Non utilizza auto a noleggio, solo mezzi pubblici oppure autostop dove, come qui nel fondo del Mani, non esistono bus di linea o treni. E' il suo modo di viaggiare attento, senza troppi perchè.


Tra un paese e l'altro, tra un'architettura e un affresco, tra Pope che detengono le antiche chiavi delle chiese ai quali bisogna mendicare difficili permessi e luoghi ameni, dove è persino difficile arrivare a piedi, si addentra nei meandri del passato, per collezionare conoscenza. Fotografa, prende appunti e viaggia lento, con lo sguardo curioso.

Lo lasciamo a Vathia, uno dei luoghi più ricchi di quelle case torri che caratterizzano questa parte del Peloponneso, lontana anni luce dalle isole greche della movida.
Scendiamo anche noi per camminare in questo paese fantasma, che venne ristrutturato con prospettive turistiche alcuni anni orsono per poi ripiombare nel suo silenzio, tra rovi e fichi d'india.

Il Professore letteralmente sparisce tra vicoli, ruderi e torri cadenti.
Giriamo per un po', vorrei ripescarlo per fare una foto con lui, ma non lo troviamo più.
Evaporato, come un fantasma errabondo alla ricerca del passato.


2 commenti:

  1. ...che bell'incontro!!!! Unico davvero! Che tu hai reso ancora più interessante con i tuoi scatti! :)

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