Il senso del limite


Alpi Apuane, Monte Alto, antica cava di marmo "Luchera", in attività dalla seconda metà dell'800 al primo dopoguerra.
Il respiro affannato, dopo la salita lungo quel che rimane della ripida "lizza" - l'infrastruttura di pietra costruita ad arte per far scendere a gravità i blocchi verso valle - risuona cupo nella pancia della montagna.


Entriamo in una grande grotta dalle pareti a prima vista lisce che svelano poi, osservando attentamente, i segni evidenti del lavoro di braccia e leve dei vecchi cavatori.
Nomi e cognomi incisi nel marmo mostrano la geografia umana e i destini di queste valli.
Aguzzando la vista si notano persino i vari piani di lavoro: da dove i cavatori hanno iniziato a picchiare nella roccia fino alle aree delle estrazioni più recenti, senza più i segni ritmici e rugosi dello scalpello, ma con quelli lineari e lisci del filo diamantato.



Nelle cave successive, mai più grandi di una piazzetta di paese, troviamo addirittura blocchi perfettamente squadrati, pronti per una "lizzatura" che non è mai avvenuta.
Di fronte a loro il profilo del bosco, che si è ripreso lentamente le vie di lizza e ha affondato le radici nei vecchi ravaneti, gli ammassi di scarti dell'attività estrattiva.
Dentro le cave una marea di oggetti arrugginiti, disposti ognuno nella sua collocazione originale, come se il cantiere fosse stato abbandonato solo da poche settimane: scale, carrucole, argani, rotaie, vagoni.
Sullo sfondo le venature e il colore affascinante del marmo, ancora più bello, a mio avviso, senza quella famosa aria patinata da vetrina, ma macchiato di muschio e umidità.
La senzazione è davvero che, da un momento all'altro, qualcuno abbia ordinato di non salire mai più quassù, nemmeno a riprendere l'attrezzatura: probabilmente il vento del mercato aveva improvvisamente cambiato rotta e le vele dell'industria dovevano piegare verso nuove direzioni più redditizie e tecniche di lavoro maggiormente produttive.   


 

Camminando nel ventre di ognuna delle cave, tutte scavate all'interno della montagna partendo probabilmente da grotte o anfratti naturali preesistenti, mi sorge la stessa identica immagine: il confronto, inevitabile, tra questi buchi semi-mimetizzati nel contesto di pareti, grotte, forre e alberi, e le cave moderne, visibili a decine di chilometri di distanza, che hanno segato via, squadrandoli, interi versanti e addirittura cime di montagne.


Non conosco questo mondo, le sue dinamiche tecniche, socio-economiche, ambientali e di mercato. Non posso quindi permettermi di lanciare una facile accusa o un giudizio tagliente sull'attuale situazione, molto dibattuta, delle estrazioni di marmo nelle Apuane.

Ma visto che camminando nei luoghi con l'occhio attento e l'orecchio teso è possibile ascoltarne la voce, posso riportare ciò che ho sentito bisbigliare nel vento leggero, lungo le pareti e nell'incavo delle antiche cave abbandonate:

"Dov'è finito questo antico senso del limite?"


Grazie al gruppo TAM - Tutela Ambiente Montano del CAI di Pisa per aver organizzato questa interessante escursione e in particolare al collega e amico Alberto per avermi invitato a partecipare.  

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